L’obiettivo principale della scuola è quello di creare uomini che sono capaci di fare cose nuove, e non semplicemente ripetere quello che altre generazioni hanno fatto. (Jean Piaget)
Abstract
Il presente progetto di PCTO nasce dalla volontà dell’Istituto “G. Salerno” di Gangi, in collaborazione con la sezione regionale della Federazione Nazionale Associazioni Tartufai Italiani (FNATI), di avvicinarsi al mondo del tartufo e a tutto ciò che gravita attorno ad esso. Esso mira ad introdurre una metodologia didattica innovativa che ha lo scopo di ampliare il processo e i luoghi dell’apprendimento coinvolgendo oltre agli studenti ed agli insegnanti anche Aziende, Enti e Associazioni. L’esperienza diventa un sostegno all’orientamento, alle scelte future e alla motivazione allo studio, elementi fondamentali del successo scolastico. L’idea iniziale è quella di dimostrare la vocazione del territorio Gangitano alla produzione di tartufi tramite ricerca in aree boschive del comune di Gangi. Le fasi successive vedranno il coinvolgimento degli enti locali territoriali, associazioni ed enti di ricerca per lo sviluppo di attività economiche legate sia al mondo del tartufo in natura, sia di quello coltivato. Il ruolo della scuola sarà centrale in tutte le fasi cercando di orientare e far acquisire le competenze indispensabili agli allievi da spendere nel futuro mondo del lavoro in diverse attività che potranno scaturire. Le attività previste si svolgeranno in aula, laboratori, azienda agraria, all’aperto in aree boschive. Il progetto è rivolto al triennio delle classi ad indirizzo Tecnico agrario e Tecnico Economico per il Turismo.
Obiettivi generali del PCTO
- attuare modalità di apprendimento flessibili ed equivalenti sotto il profilo culturale ed educativo, che colleghino la formazione in aula con l'esperienza pratica;
- arricchire la formazione acquisita nei percorsi scolastici e formativi con l'acquisizione di competenze spendibili anche nel mercato del lavoro;
- favorire l'orientamento dei giovani per valorizzarne le vocazioni personali, gli interessi e gli stili di apprendimento individuali;
- realizzare un organico collegamento delle istituzioni scolastiche e formative con il mondo del lavoro e la società civile, che consenta la partecipazione attiva dei soggetti;
- costituire un segmento curriculare parallelo dove gli alunni possono apprendere competenze attraverso il mondo economico aziendale e approfondire le proprie conoscenze scolastiche incentrate sull’integrazione fra istruzione e territorio fisico, naturistico, culturale e economico.
Obiettivi specifici del PCTO
- conoscenza degli ecosistemi boschivi (componenti biotici ed abiotici);
- riconoscimento delle piante con cui il tartufo vive in simbiosi;
- conoscenza delle tecniche di “cerca e cavatura” e del rapporto cane-cavatore;
- riconoscimento delle varietà e della stagionalità dei tartufi;
- approfondimenti sulle specie di piante e sulle micorrize in tartuficoltura;
- sperimentazione in laboratorio ed in azienda di piante autoctone micorrizate;
- ricerca delle buone pratiche legate al mondo del tartufo in Italia (Umbria, Emilia-Romagna, Lazio, Piemonte, ecc.);
- ricerca degli incentivi alla tartuficoltura in Sicilia, Italia ed Europa;
- riconoscere le varie fasi per avviare e gestire una tartufaia;
- conoscenza degli sbocchi occupazionali legati al mondo del tartufo (agricolo, turistico, gastronomico, ecc.);
Il progetto si articola in due fasi: conoscenza del tartufo in natura e sperimentazione e coltivazione del tartufo.
Prima Fase: Alla scoperta della pratica riconosciuta Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità UNESCO
L'elemento “Cerca e cavatura del tartufo in Italia: conoscenze e pratiche tradizionali” è stato riconosciuto Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità nel dicembre del 2021.
Si tratta di un passo importante per difendere un sistema segnato da uno speciale rapporto con la natura in un rito ricco di aspetti antropologici e culturali. Una tradizione determinante per molte aree rurali montane e svantaggiate anche dal punto di vista turistico e gastronomico. Un numero crescente di persone nel mondo apprenderà che la cerca e cavatura del tartufo sono pratiche originali e complesse che richiedono ai tartufai un insieme di conoscenze riguardanti la vegetazione, il suolo, il meteo, il rapporto con il cane, le tecniche di estrazione. Ma soprattutto il riconoscimento UNESCO contribuirà a rendere la comunità dei tartufai e la più ampia società civile delle aree tartuficole ancora più consapevole e impegnata in azioni per la trasmissione delle tradizioni e in pratiche e misure di tutela ambientale. L’arte della ricerca del tartufo coinvolge in Italia una rete nazionale composta da circa 74.000 detentori e praticanti, chiamati tartufai, riuniti in 45 gruppi associati nella Federazione Nazionale Associazioni Tartufai Italiani (FNATI), da singoli tartufai non riuniti in associazioni per un totale di circa 45.000 unità e da altre 12 Associazioni di tartufai che insieme all’Associazione Nazionale Città del Tartufo (ANCT) coinvolgono circa 20.000 liberi cercatori e cavatori. Una vasta comunità, distribuita nei diversi territori regionali italiani, che coinvolge in prima battura la coppia cavatore-cane in un rapporto armonico tra il cavatore e la natura che è alla base della trasmissione di conoscenze e tecniche legate alla cerca e cavatura individuate come una pratica sostenibile. Dal Piemonte alla Sicilia, sono numerosi i territori “battuti” dai ricercatori. La ricerca dei tartufi praticata già dai Sumeri svolge una funzione economica a sostegno delle aree interne boschive dove rappresenta una importante integrazione di reddito per le comunità locali, con effetti positivi sugli afflussi turistici come dimostrano le numerose occasioni di festeggiamento organizzate in suo onore. Il tartufo è un fungo che vive sotto terra ed è costituito in alta percentuale da acqua e da sali minerali assorbiti dal terreno tramite le radici dell’albero con cui vive in simbiosi. Nascendo e sviluppandosi vicino alle radici di alberi come il pino, il leccio, la sughera e la quercia il tartufo, deve le sue caratteristiche (colorazione, sapore e profumo) proprio dal tipo di albero presso il quale si è sviluppato. La forma, invece, dipende dal tipo di terreno: se soffice, il tartufo si presenterà più liscio, se compatto, diventerà nodoso e bitorzoluto per la difficoltà di farsi spazio.
La “Cerca e cavatura del tartufo” è costituita da un insieme di conoscenze e pratiche tradizionali trasmesse oralmente di generazione in generazione e ancora ampiamente diffuse nelle campagne del nostro Paese. I tartufai di solito vivono in aree rurali o in piccoli paesi. La “caccia” al tartufo si divide in due momenti specifici: la caccia vera e propria e l’estrazione. La prima consiste nell’identificazione delle aree in cui si trova la pianta dalle cui radici cresce il fungo sotterraneo chiamato appunto “tartufo”. Questo passaggio è eseguito con l’aiuto di un cane appositamente addestrato. I cacciatori utilizzano poi una paletta speciale che consente di estrarre i tartufi senza danneggiare il terreno circostante. Per saper trovare il tartufo è necessario disporre di un’ampia gamma di capacità e conoscenze su clima, ambiente e vegetazione, connesse alla gestione di ecosistemi naturali e al rapporto tra il cane e il cacciatore di tartufi.
Queste nozioni vengono trasmesse oralmente attraverso storie, favole, aneddoti e espressioni particolari che riflettono l’identità culturale locale, creando uno spirito di solidarietà nella comunità dei cacciatori di tartufi. Le pratiche rispettano l’equilibrio ecologico e la biodiversità delle piante, assicurando la rigenerazione stagionale delle varie specie.
La “caccia al tartufo” verrà svolta nei boschi del territorio del comune di Gangi.
Seconda Fase: Sperimentazione della coltivazione del tartufo - scelta economica ed ecologica
La coltivazione del tartufo richiede investimenti nel medio e lungo periodo, capaci di cambiare il volto dei territori montani e collinari, andando a rendere profittevoli terreni che altrimenti sarebbero abbandonati o destinati a colture marginali, trasformandoli in boschi costituiti da diverse tipologie di piante, come roverella, leccio, carpino nero, nocciolo e molte altre ancora. La coltivazione di tartufi nelle aree interne Siciliane può riqualificare zone abbandonate, montane e/o collinari garantendo la sopravvivenza di specie autoctone e preservando la biodiversità. Le piante producono ossigeno e la loro coltivazione permette di tenere sotto controllo e puliti i terreni, a tutto vantaggio della prevenzione degli incendi e della lotta al dissesto idrogeologico.
Inoltre il tartufo per le aree interne madonite potrebbe rappresentare qualcosa di più di un semplice fungo, un vero e proprio catalizzatore anche per il turismo locale.
La fase di sperimentazione che intende eseguire l’Istituto deve tenere conto di diversi aspetti:
- Censimento delle aree territoriali vocate alla coltivazione di tartufi
- Idoneità dei siti alla coltivazione dei tartufi
- Scelta della giusta combinazione pianta – tartufo
- Fornitura delle piante
- Accesso ai contributi pubblici
- Lavorazioni pre-impianto (decespugliamento, spietramento, lavorazione del terreno, sesto d’impianto, piantagione, irrigazione)
- Lavorazioni post-impianto (controllo infestanti, pristino delle fallanze, potature, lavorazioni del terreno, concimazioni ed ammendamenti, verifica delle produzioni).
In questa fase inoltre sarà necessario instaurare rapporti di collaborazione con enti ed associazioni varie:
- Comune di Gangi e comuni Siciliani facenti parte dell’associazione Città del Tartufo;
- Ente parco delle Madonie e dei Nebrodi;
- Corpo forestale Regione Sicilia;
- Centro di ricerca sul tartufo in Sicilia;
- Associazione Nazionale Città del tartufo;
- Azienda Urbani Tartufi (leader mondiale nella Tartuficoltura) e/o similari;
- Condotte Slow Food Madonie e Sicilia;
- altri Enti ed associazioni del settore agroalimentare, ricettivo e turistiche del territorio madonita.
Conclusioni
Una passeggiata nei boschi, lo scricchiolio delle foglie secche ad ogni passo, i profumi e i rumori, la scoperta delle piante e degli animali che popolano il nostro splendido territorio, il tutto sotto la guida di un esperto “cavatore” e i suoi fidati cagnolini sono piaceri indicibili. Se poi lungo il tragitto i “Lagotti” ci delizieranno con il ritrovamento di un Tuber borchii o Tuber aestivum, allora sì che sarà una grande emozione e un gran bel privilegio. Per di più la tartuficoltura può rappresentare una valida opportunità di agricoltura multifunzionale, con l’arricchimento dell’offerta di produzioni aziendali e/o agriturismi locali. Inoltre, la tartuficoltura aiuta l’ambiente, rappresenta un metodo di coltivazione completamente naturale che tutela la biodiversità, aiuta a recuperare territori abbandonati e li rilancia a livello socioeconomico e turistico.
Il nostro istituto, in linea con la propria filosofia, vuole essere al centro della comunità madonita per dare un modello di innovazione didattica e culturale che miri alla diffusione di nuove pratiche che si traducano in competenze per gli allievi da poter spendere nel nostro splendido territorio.